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BURNOUT AI TEMPI DEL CORONAVIRUS 17 Apr 2020
BURNOUT AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Lo straordinario impegno investito in questo difficile momento da parte  delle professioni di aiuto (medici, infermieri, paramedici, operatori) - tutti quelli che abbiamo imparato a chiamare eroi -  deve portarci a fare una riflessione sulle conseguenze psico-fisiche alle quali andranno in contro coloro che si sono spesi e ancora si spenderanno per questa emergenza, mettendo a rischio se stessi e i loro cari.

Oggi come non mai saremo davvero obbligati a fare i conti con la sindrome da burnout,  che tipicamente interessa le professioni di aiuto e la relazione con l’utenza; un problema che ha una valenza sociale.

Si declina con esaurimento emotivo, depersonalizzazione, distacco mentale dell’operatore nei confronti dell’utenza, senso di inadeguatezza e ridotta fiducia verso sé stesso e le proprie competenze professionali (anche definita auto-efficacia).

Il concetto di burnout dovrà essere necessariamente ridefinito e implementato.  Il senso di auto-efficacia, è di certo l’aspetto più colpito, perché benché nell’emergenza molti medici, operatori, infermieri hanno ritrovato la motivazione e l’orgoglio rispetto alla scelta di una professione di aiuto, in questo momento, come non mai, hanno conosciuto - oltre  la stanchezza -  la frustrazione e l’impotenza. La perdita di vite umane vanifica i loro sforzi e mette a dura prova la gestione delle emozioni.

I malati in reparti infettivi devono rinunciare alla presenza di persone care e spesso, in queste settimane, abbiamo visto affidare a medici e infermieri gli ultimi messaggi verso la famiglia. Sono obbligati ad assistere impotenti a vite che si spengono in assoluta solitudine….aspetto fino a poco tempo fa inimmaginabile.  Dobbiamo quindi sommare al burnout anche possibili traumatizzazioni secondarie, perché il trauma non lo subisce solo chi lo vive ma anche chi assiste un paziente traumatizzato; colui che in pochi giorni percepisce la situazione precipitare e che realizza lucidamente e dolorosamente di doversene andare in solitudine.

Anche se quei pazienti sono sconosciuti, i sanitari devono fronteggiare ripetuti lutti che evidenziano non solo i limiti del sistema sanitario ma anche i limiti umani.

Il sistema sanitario del nostro paese ha speso l’ultimo decennio a combattere contro i ripetuti tagli   operati dalle istituzioni, che per troppo tempo hanno sottovalutato l’importanza della salute pubblica, derubricata a voce di spesa di bilancio. Ma il sistema sanitario ha anche dovuto resistere agli attacchi spesso irrispettosi e  violenti di un’utenza egocentrata sui propri bisogni e insensibile verso gli sforzi di chi ha scelto, come lavoro, di aiutare gli altri.

Sarebbe auspicabile restituire alle professioni di aiuto rispetto e dignità e riconoscere che gli eroi, quelli veri, si ammalano.  Spesso sono ferite dell’anima, che nessuno vede, ma che richiedono cure.