BURNOUT AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Lo straordinario impegno investito in questo difficile momento da parte delle professioni di aiuto (medici, infermieri, paramedici, operatori) - tutti quelli che abbiamo imparato a chiamare eroi - deve portarci a fare una riflessione sulle conseguenze psico-fisiche alle quali andranno in contro coloro che si sono spesi e ancora si spenderanno per questa emergenza, mettendo a rischio se stessi e i loro cari.
Oggi come non mai saremo davvero obbligati a fare i conti con la sindrome da burnout, che tipicamente interessa le professioni di aiuto e la relazione con l’utenza; un problema che ha una valenza sociale.
Si declina con esaurimento emotivo, depersonalizzazione, distacco mentale dell’operatore nei confronti dell’utenza, senso di inadeguatezza e ridotta fiducia verso sé stesso e le proprie competenze professionali (anche definita auto-efficacia).
Il concetto di burnout dovrà essere necessariamente ridefinito e implementato. Il senso di auto-efficacia, è di certo l’aspetto più colpito, perché benché nell’emergenza molti medici, operatori, infermieri hanno ritrovato la motivazione e l’orgoglio rispetto alla scelta di una professione di aiuto, in questo momento, come non mai, hanno conosciuto - oltre la stanchezza - la frustrazione e l’impotenza. La perdita di vite umane vanifica i loro sforzi e mette a dura prova la gestione delle emozioni.
I malati in reparti infettivi devono rinunciare alla presenza di persone care e spesso, in queste settimane, abbiamo visto affidare a medici e infermieri gli ultimi messaggi verso la famiglia. Sono obbligati ad assistere impotenti a vite che si spengono in assoluta solitudine….aspetto fino a poco tempo fa inimmaginabile. Dobbiamo quindi sommare al burnout anche possibili traumatizzazioni secondarie, perché il trauma non lo subisce solo chi lo vive ma anche chi assiste un paziente traumatizzato; colui che in pochi giorni percepisce la situazione precipitare e che realizza lucidamente e dolorosamente di doversene andare in solitudine.
Anche se quei pazienti sono sconosciuti, i sanitari devono fronteggiare ripetuti lutti che evidenziano non solo i limiti del sistema sanitario ma anche i limiti umani.
Il sistema sanitario del nostro paese ha speso l’ultimo decennio a combattere contro i ripetuti tagli operati dalle istituzioni, che per troppo tempo hanno sottovalutato l’importanza della salute pubblica, derubricata a voce di spesa di bilancio. Ma il sistema sanitario ha anche dovuto resistere agli attacchi spesso irrispettosi e violenti di un’utenza egocentrata sui propri bisogni e insensibile verso gli sforzi di chi ha scelto, come lavoro, di aiutare gli altri.
Sarebbe auspicabile restituire alle professioni di aiuto rispetto e dignità e riconoscere che gli eroi, quelli veri, si ammalano. Spesso sono ferite dell’anima, che nessuno vede, ma che richiedono cure.